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LIBERARE LA NOSTRA BELLEZZA PREGANDO


 
(Trasfigurazione: Matteo 17, 1-9)

Seconda domenica di Quaresima, anno A, 2023

“Il suo volto brillò come il sole

 e le sue vesti divennero candide come la luce”

Il capitolo 17° di Matteo ci invita a salire con Cristo sul monte della trasfigurazione. Comprendiamo meglio questo brano evangelico se teniamo presente il contesto: nel capitolo 16° Pietro è chiamato “satana” da Cristo, mentre nell’episodio successivo (17,14-20) Gesù è presentato nell’atto di cacciare il demone dall’epilettico.

Il testo sacro introduce la trasfigurazione con l’incipit: “Sei giorni dopo”. Non è solo un riferimento cronologico, ma anche teologico. Sta a significare: sei giorni dopo lo scontro drammatico che Gesù ha avuto con i suoi discepoli, in particolare con Pietro, chiamato “satana” perché vuole dissuadere Cristo dall’andare a morire in croce. Quel “sei” – numero che indica un limite, una realtà negativa (“Sei giorni dopo”) – è la chiave di lettura del testo: Pietro e i discepoli non vogliono che Gesù vada incontro alla morte, vista come totale fallimento anziché fonte di salvezza per l’umanità. 

Dopo sei giorni “Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte”. È il monte Tabor? È l’Ermon? Non ha importanza il luogo geografico, ma il messaggio teologico insito in quella ascesa: è il monte che dobbiamo salire in preghiera se vogliamo che la preghiera ci trasfiguri.

E fu trasfigurato davanti a loro”. C’è una metamorfosi. Il volto di Cristo “brillò come il sole” per manifestare la pienezza della sua condizione divina. Qual è il messaggio? Non dobbiamo aspettare la morte per rivelare noi stessi e la luce che è dentro di noi. La morte di cui parla Cristo non è un’ombra che offusca il fatto di essere Figlio di Dio, ma una sottolineatura che il dono di sé (nella decisione di morire per tutti) è la vera manifestazione della sua divinità. La morte non diminuisce una persona, bensì le permette di manifestare il suo vero splendore.

Mentre Gesù prega, il suo volto risplende, come anche il volto di Mosè di ritorno dal Sinai, dopo aver parlato con Dio “come un amico parla all’amico”. Il Maestro mostra da vivo la sua gloria (che poi si manifesterà completamente con la Risurrezione), e ci insegna che non si deve attendere la morte per vivere in pienezza di grazia. Il battezzato già vive la risurrezione di Cristo e sua: è già introdotto nella vita eterna che nessuno gli può rubare. La morte biologica sarà un passaggio verso una realtà goduta già da ora. Gesù sembra dirci: “Non abbiate paura della morte: guardate a me! Morendo diventerete raggianti così come lo sono io che, amando, ho già sconfitto la morte”.

“Il suo volto brillò come il sole”. Questa espressione rimanda all’affermazione di Gesù: “I giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro” (Matteo 13,43). La luce è dentro di noi, si sprigionerà nella morte con lo stesso processo in virtù del quale il chicco, marcendo, emana quella forza vitale che produce la spiga.

“Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui”. Mosè ed Elia conversano con Gesù: sono i rappresentanti di tutto il popolo degli anni passati. Sono lì a testimoniare la forza della Legge e della profezia.

A questo punto, Pietro prende la parola per “tentare” Gesù. “È bello per noi essere qui”. Si tratta della tentazione di fermarsi. Tentazione dell’intimismo: possesso personale del divino, non comunicato agli altri.

Pietro, inoltre, è d’inciampo, di scandalo. Pensa ancora come gli uomini e non come Dio. Attende quel Messia che sarebbe dovuto venire durante una festa popolare, la festa delle capanne, delle tende. “Se vuoi, farò qui tre capanne”… La vita di Pietro non è estasi (parola che, etimologicamente, significa: uscire da sé, andare verso l’altro), ma stasi, blocco, intima fruizione di un privilegio, senza la volontà di comunicarlo agli altri.

“Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra”. La manifestazione divina (la nube luminosa) interrompe bruscamente l’intervento fuori luogo di Pietro. Povero Pietro… invitato a tacere! Anche negli Atti degli Apostoli troviamo: “Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese…” (10,44) mettendo fine al suo discorso.

Mentre Pietro “stava ancora parlando”, Dio Padre lo blocca per dire che non vanno seguiti né Mosè, né Elia, ma che va preso a modello il Figlio, Colui che assomiglia al Padre, Colui che è l’erede. Questo il messaggio: l’Antico Testamento va accolto solo nelle idee, nelle proposte e negli atteggiamenti che sono in linea con l’insegnamento di Cristo.

“I discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore”. Giacomo e Giovanni capiscono che, pensando come Pietro, hanno sbagliato. Anch’essi aspettavano un regno, per il quale chiederanno “di essere assisi uno alla destra e uno alla sinistra di Gesù” (cfr. Marco 10,37), come ministri degli interni e degli esteri…

La voce dal cielo li mette sulla strada giusta: “Ascoltatelo. Non fate come gli Ebrei che hanno abbandonato Dio, sorgente d’acqua viva, per costruirsi cisterne screpolate” (cfr. Geremia 2,13). Anche per noi, di fronte a tanti messaggi contrastanti che ci fanno perdere l’orientamento, vale l’invito:                               Ascoltatelo”.

Gesù, infine, raccomanda di non parlare a nessuno della visione “prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto”: i discepoli non devono parlarne perché sono incapaci di seguirlo sulla via della croce e di capire che il Messa è venuto non per essere servito, ma per servire; non per trionfare, ma per morire su una croce.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               

Il mistero della trasfigurazione di Gesù ha questo messaggio per ciascuno di noi: la bellezza, splendore di verità, è in noi. È offuscata da chi è ripiegato su di sé, paralizzato dal male che compie, prigioniero dei suoi peccati. La nostra bellezza è liberata dalla preghiera nella nostra comunità, dopo aver pregato da soli in un angolo raccolto della nostra casa, o dopo essere saliti sul monte o rifugiati in un luogo solitario della spiaggia del mare, là dove, nel silenzio, entriamo in noi stessi, ci confrontiamo con il Mistero e parliamo con Dio. E dopo averlo sperimentato, inondati dalla luce della fede, mostriamo agli altri gli effetti della preghiera. Se questa non ci trasfigura, se non diventiamo belli, vuol dire che non abbiamo incontrato Dio. Vuol dire che non abbiamo pregato.

                                                            Valentino Salvoldi

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