Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia

Gesù “scaraventato” nel deserto

Prima domenica di Quaresima 2023

 (Matteo 4,1-11)

La riluttanza del Figlio di Dio

Nelle acque sporche e limacciose del Giordano, Gesù si fa battezzare. Ma, se è Dio, perché si sottomette a un rito riservato ai peccatori? Forse anche sua Madre, Maria, rimane scossa e perplessa alla notizia del battesimo di suo Figlio. Ed è proprio in questo contesto sconcertante (o perlomeno anomalo e singolare) che si posa su Gesù lo Spirito Santo, la forza dell’Amore, che proclama: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento” (Matteo 3,17). È Colui che eredita tutto, poiché in Lui risiede tutta la pienezza della divinità. Ma pur essendo Egli di natura divina, è anche completamente di natura umana e come tale deve essere messo alla prova. Deve essere tentato, per vagliare se il Padre, e Lui solo, basta a riempire la sua vita.

Al Giordano i cieli si aprono, mentre si chiudono nel deserto, spazio riservato al tentatore il cui scopo è di dividere, separare, allontanare da Dio. Nel deserto non c’è acqua, non c’è vita. C’è la zona d’ombra, di prova: di tentazione, appunto.

Come uomo, Gesù è riluttante di fronte alla prospettiva di affrontare il deserto, per cui l’evangelista non dice che “fu condotto” nell’arida solitudine, ma “fu scaraventato”. Inequivocabile è il verbo greco usato da Matteo: “ekballein” indica proprio l’atto di lanciare, di proiettare, quasi di… “prendere a pedate”… quindi: “scaraventare”! 

Collocando l’episodio della tentazione all’inizio dell’attività pubblica di Gesù, Matteo vuole sottolineare che tutta la sua esistenza è condotta all’insegna della tentazione. Quindi, quanto avviene nel deserto non è un episodio isolato, limitato nel tempo. Gesù è sempre provato dalle tentazioni, l’apice delle quali si presenterà sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Matteo 27,46).

Perché si parla di 40 giorni trascorsi nel deserto? Nella Bibbia i numeri hanno sempre un significato simbolico. Ad esempio: 3 = completamente (Pietro rinnega Gesù 3 volte, cioè lo rinnega in modo assoluto; Cristo risorge dopo 3 giorni, vale a dire: torna in vita completamente); 4 = umanità; 5 = legge; 6 = imperfezione (666= la bestia, il demonio); 7 = perfezione; 8 = risurrezione; 38= ripiegamento su se stessi, autoreferenzialità; … 40 = generazione, tutta la vita di un uomo: tutta la vita di Gesù, quindi, è sottoposta alla tentazione.

Tentatore: diavolo, satana o demonio?

Matteo parla di “diavolo”. In seguito, riserverà sempre questo termine per indicare i farisei, i sadducei, i dottori della legge. Così facendo, l’evangelista avverte il lettore che il diavolo di cui parla non è uno spiritello sbucato dall’aldilà, ma una realtà presente nell’esistenza di Cristo, come lo sarà per ogni suo seguace.

Si noti che “diavolo” è diverso da “demonio”, termine che designa un blocco psicologico: riguarda tutto ciò che impedisce a un essere umano d’incontrare la Verità. In ebraico satana è “l’avversario”, in greco è “il diavolo”, che significa “il divisore”. Nei Vangeli si fa distinzione tra satana e demonio. Non c’è mai la possessione di un uomo da parte di satana o del diavolo. Si parla invece di possessione di un “demone”, proprio per indicare quanto ostacola la possibilità di conoscere il progetto di Dio e di accettare la salvezza.

Satana sfida Gesù:“Se tu sei Figlio di Dio…” (Matteo 4,3). Quel “se” non esprime un dubbio, perché Cristo nel battesimo è già stato proclamato Figlio di Dio, quindi “se tu sei” equivale a “giacché tu sei” il Figlio di Dio. E quanto segue: “di’ che queste pietre diventino pane” significa: “Trai vantaggio dalla tua situazione”. È la tentazione della pseudo-innocenza, vale a dire la scelta di quanti, anziché servire Dio, si servono di Lui per il proprio tornaconto.

Le tentazioni del deserto possono essere riassunte in tre parole: prosperità, popolarità e potere.

Prosperità: una persona è accettata se non si presenta a mani vuote. Quindi Gesù, secondo il tentatore, non solo deve trarre vantaggio per sé nel trasformare le pietre in pane, ma deve anche andare verso i suoi connazionali con beni che dimostrino la prosperità del donatore.

Popolarità: Cristo deve mostrarsi in modo spettacolare alla sua gente. Quel “gettati giù” – dal punto più alto del tempio – si esprimerebbe, in un linguaggio del XXI secolo, con: “Fatti vedere in televisione” (in modo che tutti riconoscano che sei un personaggio famoso).

Potere: possesso di tutti i regni della terra e, una volta raggiunta una posizione di riguardo, non lasciare più lo scranno, non rinunciare a dominare su tutti e su tutto.

Pane, prestigio e potere mondano… traguardi proposti in modo seducente a Gesù, che nello sconcertante silenzio del deserto impara e insegna lo scomodo messaggio che la salvezza può venire solo dal potere della croce, dell’umiltà, dell’amore. Vincendo le tentazioni, Gesù accoglie l’amore del Padre, si lascia inondare dallo Spirito Santo e trionfa su satana, sul male, sulla malattia, sulla morte. Ora è in grado di portare la vita e di iniziare il suo ministero con un forte invito: “Convertitevi e credete nel Vangelo” (Marco 1,15).

La tentazione come opportunità

Dio è bontà infinita, quindi non può volere il nostro male. Non ci abbandona nell’ora della prova. Non ci lascia soli quando siamo nella tentazione. Questa può avere diversi significati: seduzione al male, lotta e prova (cfr. 1Pietro 1,6-7; 2Corinzi 13,5). La frase del Padre nostro: “Non abbandonarci alla tentazione” può essere compresa se confrontata con quanto Gesù raccomanda agli apostoli nel Getsemani: “Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 26,41).

La parola di Dio ci ricorda che:

  • La lotta è necessaria per vivere. Noi non sappiamo se amiamo veramente Dio; lo scopriamo quando lottiamo per amore suo.
  • Non dobbiamo scherzare col pericolo. I nostri desideri possono essere grandi e nobili, ma la debolezza è più profonda di quanto sospettiamo.
  • “Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere” (1Corinzi 10,12).

Il sostegno nell’ora della prova

“Non abbandonarci alla tentazione”. In modo più esteso: “Non abbandonarci quando siamo tentati. Fa’ che non soccombiamo nel momento della prova. Quando passiamo attraverso la tentazione, non permettere che rimaniamo impantanati nel fango”. Per concretizzare questa invocazione può essere utile questa immagine: quando un carro passa in una strada dopo la pioggia, può rimanere arenato nel fango. La supplica dell’orante consiste nel chiedere a Dio la grazia di passare illesi: le ruote possano uscire dal fango. Ciò mette in evidenza il carattere di combattimento della preghiera. La vita presenta tanti aspetti drammatici, che il Padre non risparmia ai suoi figli. Essi invocano da Dio l’aiuto per poter passare attraverso la situazione difficile senza cadere, anzi uscendone rafforzati. Un papà non sottrae il figlio alla prova. Il Padre non risparmia le “prove” a Cristo.

Questi, prima di morire, prega per i suoi discepoli non perché siano tolti dalle tentazioni del mondo, ma perché siano custoditi dal maligno (cfr. Giovanni 17,15). Chiede al Padre che il loro passaggio attraverso la tentazione non sia motivo di caduta, di perdita di fede, bensì un’occasione per rafforzare la fedeltà in un Dio che non abbandona quanti confidano in Lui e lo invocano con il nome di “Abba”, “Papà”.

                                                               Valentino Salvoldi

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: