TERZA DOMENICA DI QUARESIMA
Anno A 2023 (Giovanni 4, 1-42)
“Donna, dammi da bere”
Per approfondire la conoscenza di un brano evangelico giova vederlo nel suo contesto, guardando soprattutto a ciò che precede. Il Vangelo della samaritana è collocato al capitolo quarto di Giovanni, mentre al terzo è narrato l’incontro notturno di Gesù con Nicodemo. Questi pone a Cristo una problematica che lo fa assurgere a simbolo della ragione, mentre la samaritana è il simbolo dell’amore. Nicodemo crede nella Legge: va a Gesù di notte e resta nella notte del dubbio. La samaritana crede nell’amore: va a Gesù nel pieno meriggio e l’amore le spalanca nuovi orizzonti.
La Legge può essere un presupposto, un’introduzione all’amore, ma da sola non dà la forza per amare Dio e il prossimo. Fatta questa premessa, analizziamo ora il testo evangelico.
“Gesù doveva attraversare la Samaria”. “Doveva”. Così il Padre aveva stabilito da sempre, benché ci siano altre strade per arrivare in Galilea. Gesù “deve” incontrare la samaritana, una donna che non era necessariamente una prostituta, ma senz’altro aveva non pochi problemi in quanto rigettata da cinque uomini. Una persona strana, inquieta, alla ricerca di qualche cosa di nuovo, libera dai condizionamenti sociali.
“Era circa mezzogiorno”. Quando la luce esplode in tutto il suo fulgore, la samaritana va al pozzo, sì che tutti la possono vedere, in trasgressione alla legge che comanda alle donne di andare al pozzo al mattino presto o al calare del giorno.
“Qui c’era un pozzo di Giacobbe”. È un pozzo molto profondo, che dà acqua da molti anni. Attorno a esso quante storie, quanti incontri! Storie d’amore, storie di matrimoni, storie di contese per la sua acqua che, in un luogo desertico, è tutto, è la vita.
Nella pienezza del giorno, stanco del cammino, Gesù si siede sul bordo del pozzo. Alla stessa ora, verso questo luogo si dirige pure una donna, per attingere acqua.
“Donna, dammi da bere”. Per la samaritana, probabilmente, la provvista d’acqua è solo un pretesto. Ha sete di qualche cosa d’altro, è irrequieta: non riesce a stare in casa. Manifesta un’inquietudine riguardante tematiche religiose: lo si capisce dalle domande che pone a Cristo. E Questi intuisce la sete della samaritana e la previene, domandandole da bere. Quel: “Dammi da bere” ha un riscontro nella frase del Crocifisso: “Ho sete”. Come Gesù non berrà dalla spugna che il soldato accosterà alle sue labbra, così non beve l’acqua della samaritana. Ben altra è la sua sete! Chiede, perché tocca a Lui fare il primo passo: l’amore previene.
“Tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?”. Due scandali in una richiesta: un uomo si rivolge a una donna in un luogo pubblico; un giudeo contravviene all’antica inimicizia verso i Samaritani. La donna è perplessa, sorpresa e affascinata dalla libertà di Cristo nell’andare oltre la Legge e le tradizioni.
“Se tu conoscessi il dono di Dio!”. Così Gesù la sfida. La obbliga a chiedergli quell’acqua di cui lei ha bisogno: dono dello Spirito, acqua fecondatrice, Parola che salva.
“Signore, non hai un secchio…”. La donna prima chiama Cristo “giudeo”, poi “signore”, quindi lo indica come “profeta” e infine “il Messia”. In seguito i Samaritani, chiamati da lei ad ascoltare Gesù, diranno: “Questi è veramente il salvatore del mondo”.
“L’acqua che io dono diventa in chi la beve sorgente zampillante per la vita eterna”. Gesù propone l’acqua che dà la vita: essa si trasforma in sorgente di vita eterna in colui che la beve. Acqua che rende fecondi. Acqua che eleva, perché chi riceve il dono di Dio diventa come Lui. Discorso forte, sconvolgente, che la donna non capisce. Ella domanda semplicemente acqua materiale. Allora Cristo la inquieta portandola su un piano più personale. La invita a chiamare suo marito e, di fronte alle sue reticenze, ribatte: “Non hai marito, perché ne hai avuto cinque”. Qui c’è un probabile riferimento ai cinque colli di Samaria sui quali si praticava la “prostituzione sacra”.
Con la sua osservazione Gesù non vuole umiliare la donna. Vuole che riconosca il suo bisogno di un Salvatore, che le dia dell’acqua – quella della verità – della quale ha tanta sete: “Si adora Dio a Gerusalemme o sul monte Garizim? Dov’è il vero Dio? Si trova su questa montagna, dove tradizionalmente il mio popolo ha pregato?”. Cristo risponde che è giunto il tempo della salvezza, in cui i veri credenti adoreranno Dio Padre.
“… adoreranno il Padre in Spirito e verità”. Cristo usa il termine “Padre” per riferirsi a Dio. Proprio a questa donna tanto strana, Gesù – per la prima volta nel Vangelo di Giovanni – fa una rivelazione sbalorditiva: Dio è Padre, “Abbà”, “Papà”. E vuole essere adorato in ogni luogo, da parte di tutti; non necessariamente in un tempio, ma sempre con lo spirito innamorato della verità.
“Io so che un Messia deve venire…”. La donna ha qualche idea della religione giudaica. Forse pensa che Mosè tornerà sulla terra oppure che uno dei profeti risorgerà. Attende quindi un nuovo roveto ardente, o un’acqua che sgorghi dalla roccia, nel deserto.
Intanto arrivano i discepoli. Si stupiscono che Gesù parli a una donna. Questa “abbandonò la brocca e andò in città”. La samaritana abbandona la brocca. Non ha più bisogno dell’acqua materiale, ora che ha dentro di sé l’acqua viva. E corre verso la città, diventa missionaria. Vuole a ogni costo che anche i suoi compaesani abbiano un’esperienza di quell’uomo che “le ha detto tutto”.
“Rabbì, mangia dunque!”, dicono i discepoli al Maestro. Ma Egli non risponde all’invito. Benché stanco per il viaggio e il digiuno, non ha bisogno di cibo. È gratificato, è contento di quella donna che corre a portare alla gente l’acqua viva. Perciò si limita a dire: “Mio cibo è fare la volontà del Padre”. È il Padre che nutre il Figlio, quando Questi compie l’opera per la quale è stato mandato sulla terra: opera preparata dall’eternità e che ora dà i suoi frutti.
“Levate gli occhi e guardate: i campi sono pronti per la mietitura”. Con questa immagine Gesù si riferisce a quanti stanno accorrendo verso il pozzo: gli abitanti del villaggio, messe preparata da altri e raccolta dagli apostoli. Essi semineranno, altri raccoglieranno… Ciò che importa è che nessuno tenga per sé la parola di salvezza, l’acqua viva. Fatta l’esperienza forte, occorre comunicarla, senza aspettarsi risultati.
“Molti credettero a causa della parola di quella donna”. L’esperienza positiva, l’entusiasmo, la gioia sono contagiosi. A volte i risultati si vedono subito. Occorre però non insuperbirsi per ciò che si ottiene. Noi siamo voce, eco, risonanza della Parola. Per questo i Samaritani dicono alla donna: “Non è solo a causa tua che noi crediamo. Ora abbiamo inteso la sua parola”.
Come la samaritana al pozzo, anche noi siamo chiamati a confidare nelle ragioni del cuore per arrivare a Cristo, sorgente d’acqua viva. Egli anche a noi chiede da bere per generare in noi un’altra sete: quella della verità; quella della creazione di una comunità che, pregando, trovi la forza di amare Dio come stimolo ad amare il prossimo; quella di essere missionari, seminando nel nostro ambiente quella gioia che è condizione indispensabile per una nuova evangelizzazione.
Se andremo a Cristo nel pieno meriggio e sorretti dall’amore, anche a noi il Maestro dirà che Dio è Padre. Se invece andremo a Lui solo con la ragione, rimarremo come Nicodemo nella notte del dubbio e del peccato. Il Signore ci mette a disposizione due ali, amore e ragione, per testimoniarlo con gioia in famiglia, nella comunità ecclesiale e nell’ambiente in cui viviamo. Sia Lui a lavare i nostri occhi affinché possiamo vedere i campi pronti per la mietitura. Ci doni quell’acqua che lava il peccato, purifica la mente, introduce alla verità e soddisfa la sete d’amore.
Valentino Salvoldi