Ascensione 2023 (Matteo 28,16-20)
“Io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo”
Il Suo ultimo sguardo alla terra
Quando faccio le omelie dialogate, spesso domando ai fedeli dove guardasse Gesù mentre tornava al Padre. Mai nessuno mi dà quella risposta che facilmente si desume dal Vangelo di Luca. Per dimostrare il valore dell’amicizia, il terzo Vangelo ci dice che Gesù sale al Cielo guardando a Betania. Perché mai l’Evangelista conclude così il suo testo sacro? Il messaggio è molto significativo e bello: a Betania Gesù ha vissuto momenti molto intensi di intima amicizia con Lazzaro, Maria e Marta. Voleva molto bene a questi tre fratelli. Quando era stanco si riposava in quella casa che è diventata simbolo della contemplazione delle verità eterne e del privilegio di godere la bellezza di un amore dato e ricevuto gratuitamente. Amore terreno che è preludio dell’amore eterno. Amore che è possibile tra persone buone, che non si vergognano di esprimere i propri sentimenti.
Chi non ricorda l’espressione delle sorelle di Lazzaro che mandano a dire a Gesù: “Colui che tu ami è malato” (Giovanni 11,3)? Come non ricordare Maria di Betania che sta seduta ai piedi del Maestro, trascurando i doveri dell’ospitalità pur di non perdere una parola dei discorsi di Gesù?
L’amore che si esprime in una amicizia autentica fa della terra un lembo di Cielo e prepara la nostra ascensione alla gloria eterna. Là scopriremo quanto sia grande il privilegio di cercare Dio nell’alto dei cieli e di trovarlo sul volto dei familiari, degli amici e… anche di coloro che ci rendono difficile la vita.
Questo ultimo sguardo di Gesù a Betania è tanto più divino quanto più umano. Sguardo velato dalla nostalgia tipica di chi se ne va, accarezzando con gli occhi per l’ultima volta le persone tanto amate, gli amici di quel villaggio e, naturalmente, anche gli Apostoli che più volte ha cercato di consolare: “Non vi lascio orfani: manderò il mio Spirito” (cfr Giovanni 14,18). Questa affermazione è molto bella e profonda: se è importante la presenza fisica della persona amata, non lo è di meno la presenza del suo Spirito. La presenza fisica, a volte, può essere limitante, non chiara e causa di tensioni. La presenza legata alla circolazione dello Spirito – sia lo Spirito Santo, sia lo spirito delle persone amate che ci hanno lasciato – può portare molti benefici: innanzitutto la “grazia” (amicizia con Dio), poi la forza di affrontare la realtà con la convinzione di non essere soli. I nostri morti non ci parlano, forse, nei sogni? Non ne percepiamo il respiro nella cucina dove con loro abbiamo pregato, mangiato e sperato? Non ne avvertiamo l’energia vitale là, presso la tomba di famiglia?
Se non fosse così, Gesù non avrebbe detto: “Non vi lascio orfani…”. Ci dà il suo Spirito che è la garanzia della presenza di Dio nella nostra vita, tutti i giorni, fino alla fine del mondo.
“Sarò con voi sempre”
L’ha promesso Gesù! Molti dubitano della verità di queste parole, chiedendo: “Come cercarlo e trovarlo nella notte dell’umanità? Dove si nasconde? È possibile vederlo nelle tenebre della ragione?”. Passano i secoli e la storia non insegna nulla a nessuno: “Ancora tuona il cannone. Ancora non è contenta di sangue la belva umana. E ancora ci porta il vento” (Guccini). È possibile non indignarsi e non scandalizzarsi di fronte al baratro in cui è caduta l’intelligenza umana? Significative le parole di papa Francesco, che ci invita a non avere paura di provare vergogna per i mali del mondo causati dal nostro egoismo. “Il dramma – sostiene – è quando non ci si vergogna più di niente”.
“Io sono con voi tutti i giorni”… Nonostante la vita non sia “un privilegio per pochi e una fatica per molti, ma per tutti un impegno”, quanto è diverso vivere in Europa, rispetto al tenore di vita dei Paesi impoveriti! Là, troppe persone sono nella situazione permanente di dolore e sono tentate di rivolgersi a Dio con lo straziante grido di Gesù sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Matteo 27,46; Marco 15,34).
Prima di tornare al Padre, Cristo dà ai discepoli il comando: “Andate in tutto il mondo” (Marco 16,15). Andare fino agli estremi confini della terra per proporre il Battesimo, l’immersione nella realtà dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Battesimo che ci trasforma in creature nuove: siamo noi, ora, il Cristo che vive nei secoli. Nostro compito: vivere il Discorso della montagna. Se noi lo metteremo in pratica, Cristo sarà con noi fino alla fine del tempo.
A differenza degli altri evangelisti, Matteo non ci dice che Gesù si allontana verso un cielo lontano. Non “sale al cielo” ma resta con i suoi che, praticando le Beatitudini, sentono Dio vicino a loro, intuiscono che il Regno dei cieli è il loro cuore, comprendono che l’incontro con il Dio vivo avviene sulla montagna dove Cristo ha annunciato il suo messaggio d’amore: “Se tu ti preoccupi del fratello, io, Dio, mi preoccupo di te e ti rendo come me, Figlio di Dio. Figlio mio”. Il Risorto vive in noi. Si serve delle nostre labbra per lodare il Padre e annunciare il Vangelo ad altri fratelli. E continuamente ravviva in noi la fede nella vera vita, oltre la nostra morte.
“Perché state a guardare il cielo?”
Ai discepoli, che impauriti e increduli stanno a guardare in alto, tristi per la dipartita di Gesù, gli angeli rivolgono una provocazione: “Perché state a guardare il cielo?” (Atti 1,11). Ora che il Maestro se ne è andato, il loro compito consiste nel guardare in faccia a se stessi e ai fratelli. A se stessi, per scoprire la gioiosa responsabilità di essere il Cristo del secolo in cui vivono; per avere fiducia in sé, come Dio ha fiducia di ciascuno di loro. Guardare ai fratelli, per scoprire in essi i lineamenti di Gesù e amarli come Egli ci ama.
Ciò che sembra umanamente impossibile può realizzarsi, grazie alla garanzia che Gesù ha dato di essere con noi, di agire con noi e attraverso di noi che abbiamo il suo stesso Spirito, godiamo della stessa speranza, siamo legati dallo stesso vincolo caritativo che non è un sentimento, ma una persona: lo Spirito Santo. L’Amore.
Valentino Salvoldi