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Il Testamento di Gesù, volto del Padre

Quinta domenica di Pasqua 2023

(Giovanni 14,1-12)

“Chi vede me, vede il Padre”

Le ultime parole di un morente

Gli ultimi desideri delle persone che ci sono state care sono quelli che ricordiamo e custodiamo con più affetto e commozione. Così è accaduto anche agli amici di Gesù. Gli ultimi capitoli del Vangelo di Giovanni – il discepolo che Gesù amava – ci riportano le ultime volontà di Gesù, i consigli e gli incoraggiamenti dati ai suoi amici che avrebbe, di lì a poco, lasciati soli in preda alla paura, allo sconforto, alla delusione.

Sono frasi toccanti; commoventi le parole di Gesù, cosciente che poco dopo uno dei suoi lo avrebbe tradito, un altro lo avrebbe rinnegato e tutti gli altri lo avrebbero lasciato solo, mentre Egli sarebbe stato condannato e poi ucciso. Le sue ultime parole sono forti, eppure tanto umane. Tragiche, ma aperte a un raggio di speranza. Parole pagate a caro prezzo, con il sigillo della morte di croce, ma rese significative e credibili con l’evento glorioso della Risurrezione.

La parola ultima e definitiva di Gesù, il suo testamento d’amore, non si limita al discorso riportato da Giovanni, ma comprende tutti i suoi gesti che, assieme ai discorsi, diventano modello di vita per la comunità cristiana. Il testamento dell’Ultima Cena è l’equivalente del Discorso della montagna: presenta gli ideali verso i quali devono incamminarsi i seguaci di Gesù.

Le loro comunità devono essere caratterizzate:

dal servizio: la lavanda dei piedi;

dal perdono: Cristo chiama “amico” Giuda e dona uno sguardo di misericordia a Pietro che lo ha rinnegato;

dall’amore: “Vi do un comandamento nuovo…”;

dalla fiducia e dalla speranza: “Non si turbi il vostro cuore”;

dalla vera conoscenza di Dio: “Chi ha visto me, ha visto il Padre”;

dall’accoglienza dello Spirito:“Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito”;

dalla pace e dalla gioia, doni dello Spirito Santo offerti dal Risorto ai credenti.

Dovremmo leggere i capitoli 13 e 14 di Giovanni non come se presentassero un discorso strutturato ad arte. Leggerli piano, piano, con tante pause, lasciando risuonare nel silenzio frasi da non prendere per scontate, benché sentite tante volte. Frasi che, fatte proprie, possono ribaltare la nostra vita, nutrire la nostra fede, illustrarci volti sempre nuovi di Cristo. E su alcuni di essi, abbozzati nel Vangelo odierno, fissiamo la nostra attenzione.

Il volto incoraggiante di Cristo

“Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche

in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: ‘Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”.

L’assenza fisica di Gesù crea smarrimento e turbamento nella comunità delle origini: i discepoli non sanno da chi andare; manca loro Colui al quale poter ricorrere per un consiglio, per l’incoraggiamento e il perdono. Anche noi abbiamo bisogno di sperimentare la vicinanza di Gesù. Giovanni ci ricorda il discorso dell’Ultima Cena: “Non sia turbato il vostro cuore”. Siccome l’essere cristiani significa rischiare fisicamente la propria vita, Cristo assicura la sua presenza: il male non sarà superiore al bene e, quando verrà il momento della morte, il credente sarà accolto in una casa molto spaziosa, con tante dimore, dove c’è posto per tutti. Non bisogna temere perché, sulle orme di Cristo, sicuramente si arriva al Padre. La gloria del Risorto inonderà il credente, che passerà di gloria in gloria e competerà in splendore con le stelle. A una condizione: che il fedele creda nel Figlio di Dio, diventato Figlio dell’uomo.

Il volto di Cristo, via verso il Padre

 “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”.

Cristo è la via che porta alla verità e dà la vita. È la via che dobbiamo percorrere per arrivare alla casa del Padre, se vogliamo godere della pienezza di vita. Le nostre strade odierne sono simbolo di anonimato, dissipazione, aggressività, tormento (le lunghe code…), ma anche di responsabilità, di comunicazione e di carità (quando ci rechiamo ad aiutare chi soffre, chi ha bisogno di noi). Gesù si presenta come strada, per significare che prende su di sé tutto questo procedere tra limiti e grandezze. La strada indica il movimento che non porta al nulla se Cristo non solo ci guida, ma è Lui stesso il percorso verso la grande Casa. Là godremo della pace e del riposo: doni resi possibili da Lui che ci chiama a seguirlo, indica il cammino, facilita il percorso e con noi gode della meta raggiunta.

Il volto di Cristo, immagine del Padre

“Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gli rispose Gesù: “[…] Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?”.

Mosè vuole vedere la gloria di Dio. Il Salmista prega di poter contemplare il volto del Signore. Filippo è in sintonia con i giusti che vogliono vedere il Padre. Il credente aspira a una visione diretta del volto di Dio, non come il filosofo che ricerca il primo e l’ultimo “perché”, ma come l’innamorato cui basta contemplare il volto della persona amata. La domanda è frutto d’entusiastica ricerca di Dio, la risposta è un rimprovero: “Da tanto tempo sono con voi…”, segno che la richiesta è insufficiente. Le nostre domande, anche quelle più sante, vanno sottomesse al vaglio del giudizio di Gesù, che non ci umilia, ma ci corregge, affermando che vedere Lui è già contemplare il Padre. Anche il credente che si modella su Cristo, seguendo le sue orme, può ripetere: “Chi vede me, vede il Padre”. Il volto di Dio brilla sul nostro volto.

Il volto di Cristo riflesso nelle nostre opere 

“In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre”.

Di fronte ai mali del mondo alcuni cristiani dicono: “Non posso fare miracoli”. Ciò dimostra che non hanno fede, perché Cristo ha garantito che il credente compirà opere più grandi di quelle attuate da Lui: avrà la forza di testimoniarlo fino agli estremi confini della terra. Testimoniarlo fino al martirio.  

Quando Giovanni scrive il suo Vangelo, la Chiesa ha già affrontato grossi problemi: le sfide culturali di Corinto, i temi della Legge a Gerusalemme… Dal villaggio, la Chiesa è passata alla città e non ha indietreggiato di fronte alle persecuzioni. Tutto ciò è “un’opera” più grande di quella compiuta da Cristo. Gesù vuole insegnarci l’inutilità d’essere nostalgici del passato: “È bene per voi che io me ne vada”. Questa affermazione vuole obbligarci a creare comunità di persone rese giuste e sante dalla loro fede, grazie al dono dello Spirito Santo.

A volte ci scandalizza il silenzio della Parola eterna, che sembra sorda al grido di dolore che sale dalla terra. Vorremmo sperimentare un Dio che risponda a ogni nostra richiesta, come Cristo aveva promesso…  Ora, meditando il testamento di Gesù, rendiamo grazie per i silenzi di Dio, che sul male del mondo con noi piange. Lo ringraziamo perché ci fa capire che contro i mali del mondo Egli ha creato noi. Lo ringraziamo perché ci assicura che ora tocca a noi compiere opere più grandi di quelle da Lui compiute: amare come Egli ha amato. Amare tutti, anche chi ci fa del male. Amare con la certezza che si capisce solo ciò che si ama e con la speranza che prima o poi “capiremo” e a Dio daremo regione. E perfetta, per tutta l’eternità, sarà la nostra gioia.

                                                        Valentino Salvoldi

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Una opinione su "Il Testamento di Gesù, volto del Padre"

  1. Carissimo don Valentino,

    forse nom leggerai mai quanto ti scrivo.

    Grazie sempre per quello che scrivi, tu dici esattamente quello che io
    sento dentro, nel silenzio interiore. Quello che vivo  e non posso
    esprimere neppure a me stessa.

    Grazie. Dio ti benedice. Maria Vittoria.

    "Mi piace"

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