Pasqua 2023(Giovanni 20,1-9)
“Vide e credette”
La scomoda notizia della Risurrezione
Gandhi, pur non credendo che Cristo fosse Dio, aveva di Lui una tale stima da ritenerlo l’uomo più grande, sapiente e santo di tutto il mondo. Era innamorato del mistero della nascita di Gesù, affascinato dalla sua testimonianza d’amore e soprattutto dal Discorso della montagna. Era convinto che se tutti i libri della terra fossero scomparsi, ma fosse rimasta anche solo una pagina del Vangelo, da quella pagina sarebbe potuto rinascere un mondo nuovo.
Che un “dio” venga al mondo, che si celebri il Natale non crea problemi, anzi, suscita simpatia anche per i non credenti. Non così per la Pasqua. Che nasca un “dio” passi. Ma che un uomo risusciti… è troppo, è inconcepibile, anzi, scandaloso il solo fatto di ritenerlo possibile.
Lo ha sperimentato anche San Paolo nel discorso tenuto ad Atene, sull’Areopago: finché parlava delle divinità greche e della sapienza degli Ateniesi, aveva il massimo dei consensi. Quando accennò alla sua fede nella Risurrezione di Cristo non fu preso sul serio, al punto da suscitare ilarità: “Su questo [argomento] ti sentiremo un’altra volta” (Atti 17,32).
Scandalizza il fatto che il Figlio di Dio debba morire. Fanno soffrire la contemplazione della Pietà e il pensiero che Maria continuasse a credere in un “Dio-morto”, espressione che sa di bestemmia. Sconcerta il fatto che nessuno sia stato testimone oculare della Risurrezione, che il Risorto entrasse nel Cenacolo passando attraverso i muri, che chiedesse da mangiare, che mantenesse nel suo corpo glorioso i segni delle piaghe.
Di fronte alla Pasqua si potrebbe essere tentati di ripetere quella frase attribuita a Tertulliano e ripresa da alcuni filosofi medioevali: “Io credo perché è assurdo”. Ma chi mai avrebbe potuto rimuovere la pietra sepolcrale rotolata sulla tomba nuova, dove era stato deposto il Maestro, rigorosamente custodito dalle guardie affinché i discepoli non trafugassero il suo corpo? Per chi non crede non c’è una prova certa della Risurrezione: del resto non possono esserci prove, perché la Risurrezione non è un miracolo, ma un mistero della fede. Per chi, invece, ha il dono della fede, la Pasqua è la logica conseguenza del Natale: il Dio fatto uomo, l’Amore, non può essere contenuto in un sepolcro. Non esiste pietra sepolcrale tanto pesante da non poter essere ribaltata dall’Amore.
Quella corsa verso il sepolcro vuoto
Di pietra è il cuore degli apostoli, barricati nel Cenacolo per timore dei Giudei. Non saranno loro, per primi, a scoprire la tomba vuota, quel primo giorno della settimana. Primo giorno, quello della Risurrezione, che rappresenta la vera e propria definitiva creazione, per godere della quale bisogna avere fede e non lasciarsi schiacciare dalla paura. Occorre osare, come Maria di Magdala che esce di casa di notte, quando il cielo è buio. E buio è, fors’anche, il cuore. Buio ma non privo di quell’amore che è in grado di ribaltare la pietra sepolcrale.
Eccola correre, come la sposa del Cantico dei Cantici, alla ricerca dell’amato: “Avete visto l’amore dell’anima mia?” (3,3). Ha un grande coraggio. Un’incrollabile fede in quel Gesù che è già risorto nel suo cuore. E il sogno diventa realtà: la tomba è vuota.
Quando la coraggiosa donna incontra Gesù, al primo momento non lo riconosce, come non lo riconosceranno i discepoli di Emmaus e gli Undici sulla riva del lago, dopo una notte in cui non avevano pescato nulla. Il volto del Risorto, infatti, da quel momento in poi avrà la fisionomia di ogni essere umano, nel quale torna a vivere e manifestarsi. La Maddalena lo riconoscerà solo quando Egli la chiamerà per nome: “Maria!” (Giovanni 20,16). Lo riconoscono quanti non si attardano al sepolcro, ma corrono verso i fratelli. Perché Cristo “non è qui” (Luca 24,6): il Vivente non va cercato tra i morti, negli schemi mentali del passato, nelle tramontate ideologie, nelle idee chiare e distinte dei filosofi, negli sforzi puramente intellettuali di chi esige prove scientifiche per piegarsi solo all’evidenza.
“Non è qui”! Va cercato nelle ragioni del cuore; nella bellezza di chi crede, sogna, spera e ama; nella fiducia che una giovane coppia dà alla vita e si apre alla paternità e maternità; nell’impegno per sottrarre dalla morte le vittime dell’ingiustizia, della fame e della guerra; in chi decide di vivere e morire come Cristo, nella certezza che la morte non è l’ultima parola. L’ultima parola è vita. Vita eterna.
Maria di Magdala corre ad annunciare la Risurrezione. Corrono verso il sepolcro Pietro e Giovanni, là dove i teli afflosciati (ribadisco: afflosciati, e non “posati là” come dice la traduzione italiana) costituiscono per essi la prova che il Maestro è risorto. Teli afflosciati. Teli che conservavano la forma del corpo di Gesù, che si è liberato da essi – esplosione di luce – imprimendo probabilmente la sua immagine sulla Sindone… Teli afflosciati, paragonabili al bozzolo del bruco: l’involucro protettivo delle crisalidi che daranno origine alle farfalle. Vedendo la forma di quei teli Giovanni crede nella Risurrezione. Il discepolo che ama e che è amato da Gesù “Vide e credette”.
Inconsueti auguri pasquali
Come è sconcertante, inconsueta e scomoda la notizia della Risurrezione per chi non è familiare con la fede, altrettanto inconsueti e scomodi devono essere gli auguri pasquali. Ci auguriamo di sperimentare quel terremoto che si verificò alla morte di Cristo e quella esplosione di luce che caratterizzò il mattino di Pasqua. A questo scopo siamo chiamati a credere in quell’amore che è indubbiamente estasi, ma pure tormento. Estasi perché è bello vivere nel regno dell’amore. Ma anche tormento, perché estremamente esigente è l’amore: implica un uscire da noi stessi, non essere ripiegati sui nostri bisogni, volere il bene dell’altro, ribaltare il macigno che ostruisce la nostra libertà di credere nell’amore, di combattere l’ingiustizia, di creare un mondo di pace. Augurarci: “Buona Pasqua!” implichi dunque un invito a morire con Cristo e a risorgere con Lui. Morire per risorgere e professare la fede pasquale: “Mio Signore e mio Dio!” (Giovanni 20,28).
Valentino Salvoldi