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Domenica della palme 2023

“E segni nuovi oggi nascono già”

Un inebriante profumo di zagara imbalsama l’aria, al mattino presto, inondato di vivida luce, di questa promettente domenica delle Palme ad Aci S. Antonio (Catania). Mi trovo qui per predicare gli esercizi spirituali, in preparazione alla Pasqua.

I grandi temi sono: “A cena con il diavolo”, per analizzare il nostro peccato, quello che ci rende fratelli di Giuda. “Ebbe compassione”: i sentimenti di misericordia di Cristo, le cui viscere si contorcono di fronte al peccato di questa umanità, chiusa ai valori eterni e restia a fidarsi di Cristo. “Rifare il mosaico”: espressione che i latini usavano per indicare il restauro di un’opera d’arte (“Re-cum-calare” che noi traduciamo con “riconciliazione”). E, infine, il grido di S. Paolo: “Nel nome del Signore io vi supplico: Lasciatevi riconciliare”.

Gli esercizi spirituali inizieranno con la solenne processione delle palme, indetta particolarmente per i giovani, in questa loro festa in cui siamo tutti chiamati a gridare “Osanna” cioè: “Salvaci, Signore!”. Anch’io vado ripetendo, quale mantra, “Osanna”, mentre mi preparo alla celebrazione, passeggiando ai piedi dell’Etna, la cui cima è innevata e lascia uscire dal cratere centrale un pennacchio di fumo, diretto al cielo come una nube d’ incenso.

Mentre sto cantando l’ “Osanna” di “Jesus Christ superstar”, m’imbatto in un giovane vestito di abiti neri, seduto su un muretto, con la sigaretta in bocca e con gli occhi iniettati di sangue. Risponde al saluto con un sorriso. Mi conosce, per avermi sentito parlare qualche anno prima, nella sua scuola. Il sorriso è velato di tanta tristezza. Giovane come è, ha già conosciuto il peccato: la ricerca di effimere gratificazioni e di illeciti piaceri, forieri di tanta tristezza.

“Tu non sei il tuo peccato”, gli sussurro. E lui: “Fai presto tu, che non hai provato… Mi sento un Giuda e come lui vorrei farla finita”.

“Se tu sei Giuda io sono Pietro. E chi dei due ha più gravemente peccato? La differenza tra loro due consiste solo in una lacrima. Giuda dopo aver cenato con il diavolo nel cuore non ha pianto e si è impiccato. Pietro ha «pianto amaramente» e le lacrime hanno cancellato la sua colpa. Nella messa di oggi pregherò il Signore che ti conceda il dono delle lacrime”.

“Padre, ho tradito. E, se vado avanti così, difficilmente mi libererò dal tradimento”.

“Tu puoi tradire fin che vuoi, ma sappi che l’amore vale dieci volte il tradimento. Giuda ha venduto Cristo per trenta denari. Maria, sorella di Lazzaro, gli ha lavato i piedi con un unguento, simbolo della fedeltà, il nardo, che costava trecento denari. Tu  puoi tradire il Maestro con un bacio, lui ti chiamerà: «Amico»”.

“Le tue parole, padre, mi fanno stare ancora più male: io so tutte queste cose. Ho fatto il chierichetto, la cresima e l’assistente catechista. Ma, poi, ho agito contrariamente a quello in cui credevo e che ho insegnato”.

“Cristo non solo non ti accusa, ma ti chiede semplicemente di lasciarti lavare i piedi. Di lasciarti amare. Li ha lavati a tutti i discepoli che subito dopo l’ultima cena, nel Getzemani, sono fuggiti, lasciandolo solo. Li ha lavati per infondere in loro la speranza di  un’alba nuova”.

“Non trovo nulla in me che mi aiuti a sperare”.

“Ma guardati attorno e fa l’inventario dei segni di speranza:

–Noi viviamo in tempi che non sono peggiori di quelli descritti dalla Bibbia, libro che gronda sangue e infedeltà.

-La storia umana è tutta un alternarsi di popoli e culture: scompare una razza, ne emerge un’altra più forte della precedente.

-Tra gli occidentali, trovi giovani stupendi. Quelli che sono mediocri se ne andranno, lasciando spazio ai popoli impoveriti, in linea con la «politica» di Dio, cantata dalla Vergine Maria: «Abbatte i potenti e innalza gli umili».

-Molti giovani, anche se apparentemente malridotti, sentono la nostalgia di Dio e già questa è una preghiera.

-La Chiesa, con tanta sofferenza, si sta purificando.

 -Torna la primavera ad intonare il canto di speranza con il «mandorlo», l’albero della profezia, e con la vite che s’aggrappa all’ulivo. L’ulivo che la Chiesa oggi sventola quale gioioso preludio della Pasqua”.

Detto questo mi alzo, per riprendere la meditazione mattutina e, pregando, prepararmi a pregare. Senza dirmi nulla, quel giovane mi prende la mano e mi tira verso di sé. Non vuol restare solo. Quel gesto e il suo sguardo sono implicitamente una domanda di senso e di direzione da dare alla sua vita. Lapidarie le mie indicazioni: “Togliti gli abiti neri e rivestiti a festa. Fa tacere le armi della battaglia che tu hai ingaggiato contro te stesso nel tuo cuore. Non camminare come chi ha ceppi ai piedi: perdona te stesso e impara nuovi passi di danza. Mettiti nel corteo dei giovani che, con rami d’ulivo, cantano: «E segni nuovi oggi nascono già». E non cercare tra i morti il Risorto che ti aspetta nel cuore della vita, nel mandorlo in fiore, nell’inebriante profumo di zagara”.

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Sognando con speranza   tempi e segni nuovi, porgo a tutti gli amici l’augurio pasquale, modellandolo su un testo  di S. Efrem, che ricordo a senso. Cristo è uscito dal sepolcro come è entrato nel grembo di Maria. Sepolcro ermeticamente chiuso da un grosso macigno e grembo sigillato nulla possono contro l’onnipotente Verbo. La resurrezione invera il natale.

Guardando alla Vergine Madre, la donna della gioia natalizia e della speranza del sabato santo, chiedo al Signore che le nostre tenebre non impediscano alla luce di ricrearci come uomini nuovi, nel fausto giorno della sua, della nostra resurrezione.

                                                                                                       Valentino Salvoldi

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