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 “PREZIOSA E’ LA MORTE DEI GIUSTI”

QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA Anno A  2023

(Giovanni  11,1-45)

“Io sono la risurrezione e la vita”

Ogni morte ci appartiene

“Per chi suona la campana?” Questo il titolo di un romanzo di Ernest Hemingway, ambientato durante la guerra civile spagnola. Un soldato,  all’udire il suono della campana che annuncia la morte di un commilitone, scrive che ogni morte ci appartiene. Quando senti un rintocco della campana, non chiederti chi è morto. E’ una parte di te che muore. La campana piange per te.

Muore una persona che ha fatto del male sulla terra? La affidiamo alla misericordia di Dio. Muore una persona giusta? Diciamo che la sua morte è preziosa agli occhi di Dio.  Ma quando mai una morte è preziosa? Umanamente parlando, è un evento devastante che il tempo solo parzialmente lenisce. Evento inconcepibile e assurdo per un ateo. Sconvolgente anche per una persona che è cristiana e percepisce la morte come un mostro del quale si ha paura, anche se quel mostro ha un tesoro in bocca, cioè ha un messaggio da darci. L’uomo di fede, invece, è convinto che nulla capiti a caso e, contando sui tempi lunghi, crede che verrà un tempo in cui capirà e a Dio darà ragione.

Chi ha fede intuisce che è provvidenziale scoprire che “Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha messo nei loro cuori il pensiero dell’eternità!” (Qoèlet 3,11). Intuisce che è provvidenziale il fatto che il venir meno delle persone care è come il cadere delle foglie in autunno. Ciò permette a noi di vedere la struttura essenziale dell’albero i cui rami secchi, visti in prospettiva del cielo, scrivono parole di speranza: “Non morirò interamente”. Lascerò dietro di me quell’amore che non è mai cercato e dato invano e che, seminato a larghe mani sulla terra, produrrà frutti che godremo per tutta l’eternità.

Preziosa quella morte dei giusti che diventa motivo per vivere intensamente questa nostra vita, accostando quanti incontriamo per dire loro – o, perlomeno, per far capire – che vogliamo loro bene, senza aspettare che sia troppo tardi per dire: “Ti amo”.

Preziosa quella morte dei giusti che invita l’orante ad allargare le braccia davanti all’altare, con la certezza di abbracciare Cristo e i propri cari che non dormono il sonno della morte in un cimitero, ma che si incontrano proprio lì, attorno al corpo e sangue del Redentore.

 

Il sonno del giusto Lazzaro

Il vangelo della resurrezione di Lazzaro è un inno alla fede nutrita di quella speranza che sfocia nell’amore. Amore per questa esistenza a noi data perché possiamo godere della vita e “goderla in abbondanza”, come ha garantito Cristo. Amore per la vita eterna della quale sappiamo ben poco, ma che ci è garantita come un progredire di gioia in gioia, di bellezza in bellezza, competendo in splendore con le stelle: “Ogni stella infatti differisce da un’altra nello splendore. Così anche la risurrezione dei morti: si semina (un corpo) corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza;  si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale (1 Corinzi 15, 40-44).

Di fronte alla morte dell’amico Lazzaro , Cristo si comporta in modo tale da lasciarci questi messaggi:

  • Grande è il valore dell’amicizia. Le sorelle di Lazzaro non esitano ad affermare: “Colui che tu ami è ammalato”.
  • La morte è un sonno: “Lazzaro dorme”. Ci si addormenta qui in terra e ci si sveglia tra le braccia del Signore che ci attende come il padre prodigo attende il figlio scappato da casa.
  • Se c’è Lui, il Signore, accanto a noi non c’è la morte: “Signore, se tu fossi sto qui, mio fratello non sarebbe morto”.
  • La morte non è voluta da Dio, è frutto del peccato, per cui Cristo, davanti alla tomba dell’amico “scoppia in pianto”.
  • A ciascuno di noi il Maestro vuole gridare: “Lazzaro, vieni fuori”. Esci dalla tomba del tuo egoismo, dalla tua indifferenza fratricida, dalla tua autoreferenziaità e scopri la gioia di vivere diventando collaboratore dell’altrui felicità.

Amo la vita perché amo anche la morte

Forse, poiché la morte ha bussato troppe volte alla porta di casa mia e poiché nei Paesi impoveriti troppe volte ho dovuto affrontare la morte nei suoi volti più strazianti, ho sviluppato in me un grande amore alla vita. La precarietà dell’esistenza mi ha condotto ad aggrapparmi alla preghiera. “Precarietà” e “preghiera” hanno la stessa radice: “prex”, ossia richiesta, supplica, preghiera.

Questa vita preziosa perché precaria, precaria perché preziosa, mi porta ad aggrapparmi all’Eterno e mi rimanda al fratello che, appunto perché lui pure precario, va amato oggi. Domani potrebbe essere troppo tardi. Ed è brutto lasciare che una persona se ne vada senza averle espresso i nostri sentimenti, senza averle dato un appuntamento, senza rassicurarla che ci vedremo ancora, là dove ogni nostro amore, purificato, vivrà eterno.

Poiché, amando la vita, amo anche la morte, vado ripetendo agli amici di aiutarmi a vivere, di non rubarmi la morte mentendo sul mio stato di salute, di non rovinare il mistero del dolore e della morte con parole vane. Prego, per me e per tutti, di poter morire in pace con tutti, sorretti dalla speranza.  Prego perché non abbiamo a temere l’incontro con la Misericordia infinita e perché l’ultimo respiro sia il primo sorriso nel regno di luce. Prego perché non venga meno la fede nella verità proclamata da Gesù: “Tuo fratello risorgerà”.

                                                 Valentino Salvoldi

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Una opinione su " “PREZIOSA E’ LA MORTE DEI GIUSTI”"

  1. Ho ascoltato, come sempre, anche l’audio: è una delle più belle omelie che abbia mai sentito sulla resurrezione di Lazzaro, e anche in particolare, tra le tue. Grazie per l’amore e la speranza che infondi in chi ti ascolta. E così… si accende la fede. Grazie!

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