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NON LA LEGGE, MA L’AMORE CI SALVA

 (Matteo 5, 17-37)

VI domenica anno A 2023

“Avete inteso che fu detto agli antichi… Ma io vi dico”

“Quanto amo la tua Legge, Signore!”

“Sia che tu taccia, taci per amore. Sia che tu parli, parla per amore. Sia che tu corregga, correggi per amore. Sia che tu perdoni, perdona per amore. Sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene”.Con questa esortazione Sant’Agostino ci invita a credere nell’amore, a scommettere sull’amore e a cercare in esso la nostra salvezza. Ci esorta lui, pur convinto che soprattutto l’Antico Testamento ruota attorno all’amore per la Legge, più che all’amore per l’amore.

“Quanto amo la tua Legge, Signore!”, ripete continuamente il pio israelita, convinto della bontà assoluta del dono che Dio ha fatto al suo popolo, manifestandogli la Legge. Eppure San Paolo, pur innamorato del suo popolo e delle sue tradizioni, incontrato Cristo, non esita a dire che la Legge antica ha in sé una potenza di male: chi è perfetto non ha bisogno di essa. Anzi, egli è convinto che essa possa innescare comportamenti negativi, perché l’essere umano vede il bene, lo approva, ma si lascia tentare dalla trasgressione al precetto, al comandamento e alla Legge per fare l’opposto di quanto la Legge prescrive.

È così che l’Apostolo non esita a dichiarare che la Legge diventa una maledizione. S’insinua nelle sue membra istigandolo al peccato, così da spingerlo a gridare: “Chi mi libererà da questo corpo di morte?” (Romani 7,24). Non risponde direttamente a questa sua domanda, ma si limita a ringraziare il Signore facendo capire che, se non ci fosse Lui, egli sarebbe votato all’inferno. E loda la divina provvidenza per il dono dello Spirito Santo che libera il credente da quella Legge che è peccato e morte, mentre solo la nuova legge, Cristo, è l’unica, vera benedizione.

“Ma io vi dico”

Nel Vangelo odierno, Cristo, dopo aver annunciato di non essere venuto al mondo per abolire, ma per perfezionare la Legge, di fatto ci fa capire che la sua parola rivoluziona radicalmente la morale antica. Ad esempio, alla legge del taglione (“Occhio per occhio e dente per dente”) contrappone quel categorico: “Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano” (Matteo 5,44). Gesù non mette in discussione le leggi antiche, ma ci dà la grazia di comprendere che noi abbiamo le potenzialità per convertire il nostro cuore, per andare oltre la Legge e saper distinguere tra puro e impuro (e puro è il cuore che sa amare), tra santo e profano, tra brutto e bello. Cristo punta al cuore dell’essere umano, là dove si sviluppa la fede, matura la speranza e si rafforza la carità.

Grazie al suo insegnamento e aiuto, Gesù ci mostra come il Discorso della montagna porti a compimento l’antica Legge, additando addirittura il Padre come modello da imitare: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Matteo 5,48). E ci propone la regola d’oro: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti” (Matteo 7,12). Tutta la Legge evangelica è racchiusa nel comandamento nuovo di Gesù: amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amati.

Forte di questa dottrina, San Paolo non esita a stimolare così i cristiani: “La carità non sia ipocrita […] amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno […]. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità” (Romani12,9-13).

Dalla legge all’amore

Questo il costante cammino che deve intraprendere il cristiano, senza mai stancarsi. Partire dalla Legge per arrivare all’amore, con un minimo di Legge e un massimo d’amore. Oltre alla Bibbia ce lo insegnano i santi, tra i quali un posto preminente occupa Sant’Agostino. Egli non sminuisce il valore della Legge, ma testimonia con la vita e con gli scritti che il precetto è il primo passo che l’essere umano deve compiere, è un inizio, un mettersi in cammino: si parte dal comandamento per sfociare nell’amore, fonte di libertà e di pace. Da notare che Agostino, quando pronuncia quella frase che noi traduciamo con: “Ama e fa’ ciò che vuoi”, non usa il termine “amor”, ma “dilectio”. Questa parola significa: “ricerca del bene dell’altro”. Ciò implica l’osservanza di tutta la Legge, più quell’amore di cui parla Cristo. Quindi se si fosse espresso in italiano Sant’Agostino avrebbe detto: “Cerca il bene dell’altro e sarai libero di fare tutto ciò che vuoi”. Mai però fermarsi alle mezze misure, perché – dice l’Apocalisse – Dio vomita chi è tiepido.

Sulla stessa lunghezza d’onda è papa Francesco, che non si stanca di invitare soprattutto i giovani a rifiutare la logica del mondo, basata su leggi che rendono “mediocri, annoiati e omologati”. Il cristiano non può vivere senza grandi sfide e grandi amori. Ecco dunque l’esortazione del Papa, l’invito che ha il tono di una supplica: “Per favore, non guardate la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno”.

E ricorrendo alla testimonianza e alle parole di Pier Giorgio Frassati, raccomanda: “Noi non dobbiamo mai vivacchiare, ma vivere”.

Tutti questi ideali proposti dal Papa non si possono formulare attraverso le leggi dello Stato, ma si desumono dal Vangelo, perché l’amore non s’impone con la forza, ma si propone in virtù della connaturalità (ama chi è stato amato) e di quell’insegnamento proposto da Cristo e dai suoi seguaci: “L’unica misura dell’amore è amare senza misura”.  

                                                                                 Valentino Salvoldi

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