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Una via nel deserto

Seconda domenica di Avvento

 anno A 2022 (Matteo 3,1-12)

“Giovanni il Battista predicava nel deserto della Giudea dicendo: ‘Convertitevi’”

“Voce di uno che grida: Preparate la via del Signore nel deserto”

Il sentiero della speranza

Se una persona gridasse nel deserto, chi mai potrebbe ascoltarla? Non potrebbe forse addirittura passare per pazza? Chiaro è il testo di Isaia: “Una voce grida: ‘Nel deserto preparate la via al Signore’” (40,3). Nel deserto il vento sposta le dune e cancella la strada. Ma l’uomo di fede non perde il coraggio. Continua a preparare il sentiero della speranza, ad abbassare le colline e a raddrizzare le vie tortuose. Spera contro ogni umana speranza nel Signore, che ha promesso di venire in mezzo a noi per chi veglia con un cuore che ascolta. Nella pienezza dei tempi Egli viene, perché al Natale di Dio sulla terra corrisponda il natale dell’uomo in Cielo. Alla fine dei tempi verrà quando meno ce l’aspettiamo, come il ladro di notte. Gesù non vuole terrorizzarci con questa immagine, ma invitarci a pregare, a vegliare con le lampade accese, vestiti a festa perché vuole invitarci a nozze.

Nella prima domenica d’Avvento la liturgia ci invitava a vegliare. Nella seconda domenica la liturgia ci porge questo invito: “Vieni nel deserto per convertirti, ringiovanirti, rigenerare il cuore di pietra che è assuefatto al male, per vivere con un cuore nuovo aperto al Mistero e alla “grazia”, cioè all’amicizia con Dio”.

Invita ad andare nel deserto perché l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam – le tre religioni monoteiste – nascono nel deserto, si rafforzano nel deserto, creano la nostalgia del deserto. Lì si evocano sia le forze del male (cfr. Levitico 16,20-22), sia la potenza ricreatrice di Dio, capace di trasformare l’arida solitudine in un rigoglioso giardino, irrigato dal Signore (cfr. Isaia 32,15; 35,6; 41,18). La letteratura biblica e la tradizione giudaica ritornano continuamente sull’esperienza purificatrice dei quarant’anni di peregrinazione del popolo eletto, in marcia dalla terra di schiavitù – l’Egitto – verso la Terra promessa.

Perché Dio non ha permesso che il popolo andasse direttamente in Palestina per una via normale, diretta e breve? La risposta è in Esodo 13,17-18 e nel libro del Deuteronomio (8,2): per purificarlo, metterlo alla prova e vedere se Lui, e Lui solo, potesse bastare a rendere significativa la vita del credente.

Deserto, luogo della Parola

Dio chiama Mosè per aprire una via nel deserto, luogo dell’incontro e della Parola. Deserto, in ebraico, si dice “MID-BAR”, termine che evoca “DA-BAR”: la Parola, l’evento. Quindi il deserto è il luogo per eccellenza creato da Dio per chi vuole ascoltare la sua parola. Lì il Signore stabilisce l’alleanza con il suo popolo, dona la Legge, la manna, le quaglie; fa scaturire l’acqua dalla roccia; manda una nube di giorno e una colonna di fuoco di notte.

Il deserto è voluto da Dio come luogo fondante della fede e palestra in cui l’essere umano è educato a “non vivere solo di pane, ma di tutte le parole che escono dalla bocca di Dio” (cfr. Deuteronomio 8,3). E non sono proprio queste le parole rivolte da Cristo al demonio al termine dei quaranta giorni di digiuno nel deserto? Inoltre, perché fin da giovane Giovanni il Battista ha scelto questa “immensa distesa di segatura” dove la fame, la sete, il caldo scarnificano una persona e fanno scaturire mille domande sul senso del tutto? E come mai un uomo così intelligente e dinamico come San Paolo, dopo l’esperienza di fede sulla via di Damasco, invece di cominciare subito la sua missione, si ritira per due anni nel deserto? Le domande potrebbero moltiplicarsi affrontando i Padri del deserto (nel quarto secolo), che si sono sottratti completamente al fascino del mondo per essere tutti di Dio.

Da Isaia, da Giovanni Battista, da San Paolo e dai grandi santi di tutti i tempi ci giunge lo stesso messaggio: nel deserto – che può essere l’intimità della propria casa, oppure il silenzio delle montagne, o la solitudine sugli scogli del mare – si impara a dipendere unicamente da Dio, vedendo nella prova, nella mancanza del superfluo, nelle situazioni più paradossali, la presenza di una Provvidenza specifica. Nel silenzio, nella privazione e nel dolore offerto al Signore si diventa grandi.

È necessario fare il deserto dentro di noi? I grandi, i mistici fanno la scelta del deserto per stare con Dio e con Lui solo. Per chi non sceglie volontariamente questa strada per arrivare alla fede, si fa avanti la Provvidenza a creare situazioni di deserto: gli amici che se ne vanno, il partner che non ama più come nei tempi della giovinezza, i figli che migrano in cerca di un lavoro e di un futuro, la morte che infrange un idillio…
Deserto sbattuto in faccia? Dolore assurdo? Richiesta di una fedeltà eccessiva per le forze umane? Ideale troppo alto? Il popolo eletto nel deserto fu sorretto con il pane del cielo: la manna. Noi oggi abbiamo molto di più: il corpo e il sangue di Cristo, indispensabile forza per far fiorire i nostri deserti.

Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”

Il caos dei nostri giorni rischia di rubarci la vita, di frantumarci in mille realtà che ci alienano, d’impedirci di scegliere ciò che è essenziale per dare un senso al nascere, una bellezza al vivere e una sana curiosità anche al morire. Per evitare che la nostra vita se ne vada come acqua tra le dita, fugga via vuota, insignificante e vana, ecco l’invito gioioso di Cristo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”. Regno che non è in mezzo a noi, ma dentro di noi. È il nostro cuore radicato in Dio e da Lui divinizzato. Regno: un mondo nuovo intessuto di rapporti positivi e gioiosi. Perché Cristo cammina con noi. E quando ci sembra di essere sull’orlo dell’abisso, Lui attraversa l’abisso con noi, ci tiene per mano, ci dice: “Non temere: sono Io”. Che significa: “Sono Dio. Sono il TUO Dio che non ti domanda l’inverosimile, ma la gioia di convertirti, di osare la vita, di metterti in cammino verso quella Bellezza che salva”.

All’appassionato appello del Signore: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo” (Marco 1,15), sia questa la nostra risposta:

A noi, immagine del Padre, Tu chiedi, Cristo, di lasciarci amare da Te, venuto al mondo per creare il tuo regno dentro ciascuno di noi. Ci inondi di misericordia e di amore. Mendichi il nostro affetto non perché Tu ne abbia bisogno, ma perché fa bene a noi stare aggrappati a Te. Ci supplichi di testimoniare che “Dio è amore” e che pure noi, amando, diventiamo come Te.

                                                       Valentino Salvoldi

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