20 Febbraio
“Mostrami, Signore, la tua via” (Salmo 86,11).
“È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele;
risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite” (Salmo 147,1-3).
“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati;
io non sono venuto a chiamare i giusti,
ma i peccatori perché si convertano” (Luca 5,31-32).
Il Signore è il medico che rianima i cuori spezzati, che fascia le loro ferite. Il nostro Dio ha cura di noi, si è fatto uomo per soccorrere l’uomo piagato dalle ferite del proprio peccato. Ma Dio non ci lascia soli e vagabondi, ci raduna nella santa Gerusalemme, la Chiesa. Essa è quella costruzione solida nella quale il medico si adopera per la salvezza del malato, perché solo nell’unità e nella concordia dei fratelli faremo tutti esperienza della misericordia di Dio per noi; ci lasceremo curare e saremo gli uni per gli altri validi infermieri, e sotto la guida del medico saremo rianimati per una vita nuova.
Non è mai vano aver amato e amare
anche se ciò non è disgiunto dal soffrire.
L’amore non si semina nel vento:
rifiorisce sempre sulle nostre cicatrici
che Tu, Cristo, curi con amore.
Sei venuto al mondo per salvarmi e insegnarmi
che l’amore ha in sé la sua ricompensa
così come l’odio ha in sé la sua pena.
Il bene, infatti, edifica e sana,
il male distrugge e divora se stesso.
Quanto abbiamo bisogno e quanto è bello e liberante riconoscere d’essere deboli, di carne, umani. Spesso non arriviamo ad amare perché prima non abbiamo avuto il coraggio di lasciarci amare. Il mio peccato, il mio limite io lo riconosco, e mi getto nell’oceano della misericordia, sì sono un perdonato, sperimento il crescendo del Salmo 50, la mia vita carica della mia colpa è convertita in una festa. Le ossa spezzate esultano e danzano, la miseria diventa un banchetto, il limite una finestra spalancata, l’assoluzione “un attimo che accende l’eternità”. Gesù ha reso il perdono tanto facile, da scandalizzare molti. Molte volte non è Dio che non ci vuole guarire, siamo noi che non lo vogliamo, ci sentiamo in colpa e non ci perdoniamo perché pretenderemmo di mostrarci sempre perfetti e impeccabili. Che bello scoprire che Dio mi ama perché sono io.
Don Nur Nassar
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